INFORMATICA PER LA PREVENZIONE, SCARSI GLI INVESTIMENTI MA I PROGETTI ITALIANI SONO SEMPRE PIU’ CONVINCENTI

Di seguito l’articolo comparso su DoctorNews  relativo all’incontro del 15 marzo u.s. alla Digital Week in cui è stato fatto un punto sul concorso.

Siano essi sostenuti dal pubblico o da start-up, da atenei o da singoli entusiasti “inventori”, i progetti informatici made in Italy per la prevenzione, malgrado il terreno poco favorevole e gli scarsissimi investimenti, incominciano a sopravvivere e a svilupparsi là dove conta crescere: cronicità, prevenzione primaria, vaccini. Il dato emerge dal pomeriggio organizzato a Milano nella Digital Week dal comitato ideatore del premio eHealth4all per il migliore progetto informatico collegato alla prevenzione: un premio che negli anni ha visto candidarsi alla vittoria reti informatiche, app per fisso e mobile, apparecchiature, prototipi, progetti di telemedicina e telemonitoraggio. Giunto alla terza edizione, il concorso voluto da Club TIAssolombarda, Aica, Assintel e CDTI, dedicato stavolta a “internet 4.0”, porterà 8 partecipanti- è in corso l’ultimo esame del Comitato Scientifico composto da medici, economisti, giornalisti ed informatici – alla premiazione finale del miglior elaborato in programma il 6 giugno. Intanto però arrivano i primi “fatti” da un check dei progetti delle edizioni precedenti, la prima legata più all’alimentazione, la seconda all’ICTper le fasce deboli della popolazione: le realizzazioni made in Italy finito il periodo del concorso crescono, si sviluppano su più larga scala, anche se ne resta faticosa la commercializzazione. Alla Digital Week hanno sfilato un progetto della precedente edizione e due della prima. Benessere Mamma dell’Università Cattolica, da collegamento sperimentale con l’ospedale per facilitare la ginnastica pre-parto a distanza delle gestanti impossibilitate a spostarsi di casa per motivi logistici si è trasformato nel progetto SerenaMente mamma con spunti motivazionali per migliorare l’aderenza delle future mamme agli esercizi. Youcare di Youco da progetto in ambito cerebro vascolare è diventato una piattaforma per il controllo dei parametri del paziente iperteso, validata dalle società italiana ed europea dell’Ipertensione arteriosa SIA ed ESH. Viaggiare in Salute app del Comune di Milano destinata a chi passa un periodo nei paesi tropicali, protagonista come il precedente progetto della I edizione di eHealth4all, nel 2016 si è rinnovata con una versione in grado di facilitare l’adesione alle vaccinazioni. Un risultato molto buono se si pensa che sanità digitale e prevenzione sono cenerentole nella spesa sanitaria italiana.

A Milano si sono brevemente presentati tre dei concorrenti dell’attuale edizione, e cioè i progetti Nuvap sul monitoraggio dell’inquinamento indoor, la sedia a rotelle “intelligente” Avanchair e il programma per l’aderenza terapeutica dei pazienti cronici Lifecharger. «La prevenzione dovrebbe rappresentare il 5% dei consumi del Ssn –dice Giorgio Malagoli segretario del Comitato Organizzativo del Premio– ma in tutti i documenti si ferma attorno al 4% della spesa sanitaria totale, massimo 6 miliardi, 700 milioni sostenuti da famiglie e imprese, 100 euro pro capite». Ancora peggio va se guardiamo quanto spende ogni italiano per la sanità digitale, un dato Assinform che offre Anna Maria Di Ruscio DG Net Consulting: dei 152,4 miliardi di spesa pubblica e privata, 67 sono riservati a 24 milioni di pazienti con cronicità e solo l’1,5% alla sanità digitale – 27 euro per ogni italiano, mentre ogni britannico spende una media di 70 euro. L’intersezione tra questi 27 euro e la percentuale attribuita alla prevenzione rappresenta un valore irrisorio. Per contro, il nostro paese è molto ben piazzato nella classifica dell’uso di indossabili; nel mondo ci sono 422 milioni di questi medical device, per monitorare cuore, sonno, glicemia, respiro e 318 mila app di sanità commercializzate di cui 20 mila wearable, in genere per smartphone. Una statistica del Mario Negri di tre anni fa ci dà in “lotta” per i primi posti al mondo mondiale con 6 milioni di italiani che usano attivamente fitness trackers & co. Nella relazione di Di Ruscio è implicito il messaggio che con piani di razionalizzazione della spesa per il digitale –ad esempio la trasformazione ventilata dal commissario per l’Agenda Luca Attias degli attuali 11 mila centri di elaborazione dati Pa in sette – potremmo ricavare 3,5-4 miliardi da destinare, anche, a rendere sostenibili alcuni di questi dispositivi ove di classificata e provata efficacia.

Da citare, oltre alla moderazione di Gianfranco Gensini presidente della Società Italiana di Telemedicina e alla relazione di Loredana Luzzi DG dell’Università Bicocca, l’intervento di Paolo Locatelli Osservatorio sanità digitale Politecnico di Milano: «Nel capitolo di spesa della sanità digitale per il cittadino, che monitoriamo ormai da 12 anni, le aziende sanitarie nel 2018 hanno speso 19 milioni di euro contro, ad esempio, 93 milioni spesi per i sistemi di radiologia. Se tutto il sistema di prenotazione degli esami fatturazione e refertazione si spostasse dalla carta al digitale – spiega Locatelli – darebbe un beneficio fino a 1,6 miliardi di euro, risorse da trasferire su ICT e spesa sanitaria. Lo scorso anno i direttori generali ed i Chief information officer delle Asl indicarono come settore strategico per l’informatica in sanità la medicina di precisione, seguita da robotica e cloud computing».